sabato 11 maggio 2013

Un cuore fritto a forma di pinzino

2 kg di farina, olio, latte, lievito sale e l'aiuto di un paio di forti polsi in più ad impastare: è così che qui a Berlino non dimentico di cosa sanno i pinzini, tondi come li fa la mia nonna, dorati e col buco al centro. 

La soddisfazione di portare un po' di Ferrara anche a tavola qui è tanta, quando tutti chiedono incuriositi ed a bocca piena di cosa si tratta; mai mi sono trovata a spiegare cosa fossero precisamente i pinzini, cresciuta in un paese come Bondeno dove alle fiere ed alle feste in piazza il gazebo sfrigolante d'olio è sempre stato d'obbligo.
Dove i volontari friggono pinzini a volontà, e friggerebbero anche te se potessero, e la gente non ha mai chiesto di cosa sono fatti da quanto sono abituati a mangiarne, avendo sicuramente in casa almeno una persona che li prepara.

Pinzini a Ferrara, gnocco fritto a Modena, e chissà quanti altri nomi ha in giro per l'Emilia, è parte della quotidianità gastronomica di molte famiglie nella mia zona.

Ieri sera qui ad una grigliata improvvisata in studentato ho portato un po' di me a tavola: dentro quei pinzini c'era molto di più degli ingredienti che io e Albi abbiamo usato e la preparazione è stata molto di più di una chiamata Skype a mio papà che a sua volta era al telefono con mia nonna, intenta a spiegare minuziosamente ogni singolo punto della ricetta.

La sua voce felice al ricevitore arrivava anche a me, nelle note di entusiasmo nel precisare i passaggi della preparazione: nei miei nonni vedo la tradizione, e nella voce di mia nonna al ricevitore ieri la contentezza nel portare quella cultura di cui fanno parte attraverso di me anche qui,così lontano da casa, fisicamente e concettualmente.

Nello spiegare cosa c'è dentro, non ho spiegato solo la ricetta.
A quelle facce sorridenti e contente di mangiare qualcosa di nuovo e di italiano io stessa mi sono separata in ingredienti, ho spiegato me stessa dentro quell'impasto, le mie radici, quello che sono i miei nonni, i miei genitori, l'umidità che respiriamo, l'afa d'estate e la nebbia d'inverno, la pianura sconfinata, la nostra incorreggibile "zeta", le ultime difficoltà, la voglia di non mollare di noi emiliani.

E mangiando quel pinzino hanno mangiato anche un po' di me, un po' di tutta la mia terra.




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