giovedì 6 giugno 2013

La rivolta ed il silenzio


La vedete questa?
E' la manifestazione di solidarietà per la Turchia che si è svolta lo scorso lunedì a Kreuzberg.


Essere studente Erasmus è un buon punto di partenza per iniziare ad avere prospettive ampie non solo sul proprio paese od il paese ospitante, bensì anche e soprattutto per provare interesse sincero e non meramente accademico/saccente da esibire al bar ai fatti che accadono in Europa e nel mondo.
Ci si sente cittadini europei, lo si è sentito dire tante volte. 
Non c'è nulla di più vero, per quanto possa sembrare frase fatta.
Sottolineo, è un punto di partenza dal quale il singolo studente Erasmus può appigliarsi per acuire il proprio interesse nei fatti di cronaca: è scelta dello studente se aprire le ossa della scatola cranica o lasciarle rigide, così come sono, così come le vogliono loro. Dico questo perchè è da stupidi parlare per gli Erasmus in generale, siamo tanti, siamo diversi, e lo scopo per cui si è partiti varia sempre di persona in persona.

Io parlo per me, e per la sete di conoscenza che questa esperienza mi ha messo addosso.

Per sete di conoscenza intendo anche il grado di comprensione e di compassione che se non già presente si è amplificato oltre ai limiti di quello che prima di settembre poteva essere un range di notizie che ritenevo importanti o meno, impilando tutto quello che mi arrivava in una scala gerarchica d'importanza. Questa esperienza mi sta insegnando che non c'è gerarchia alle notizie quando riportano vita d'altri, e probabilmente me ne rendo conto solo ora, che questi cosiddetti "altri" si mostrano a me così tangibilmente, nella vita quotidiana.

Lo studente Erasmus è avvantaggiato confronto agli altri: costruendo una rete di conoscenze internazionali ha il privilegio di sentire parlare i diretti interessati del fatto di cronaca riguardante il loro paese, di poter ascoltare storie da testimoni reali, sentire le opinioni, si può accendere d'interesse, immedesimarsi fino all'ultima goccia di sangue dell'interlocutore.

Ed in ogni caso, anche senza sentire testimonianze dirette, l'interesse per cosa succede all'estero è sempre acceso. 
In particolare quando si tratta di giovani come me che lottano per i propri diritti. 
Il silenzio che dilaga per la maggior parte dei contatti facebook dei miei coetanei sui fatti di Gezi a Istanbul mi rattrista.

Se non ci facciamo noi solidarietà chi cambierà le cose? 

Forse se anche in Italia non ci accontentassimo di come stanno le cose... Ma le cose così stanno bene a tutti. E oltre a non sfiorare nemmeno con il pensiero l'idea di fare qualcosa per cambiare la situazione, zitti tutti, della Turchia non si parla.

 «Turchia, la rivolta causa il blocco di Facebook e Twitter. Da noi potrebbe succedere il contrario.» Spinoza

non avrei saputo spiegarlo meglio di così.

Resistanbul!

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